Questa è It’s Friday I’m (not) in love, una newsletter settimanale per cuori precari ma non disperati che arriva ogni domenica mattina. Se ti piacerà, clicca sul cuore, commenta o inviala ad altri potenziali (e non) cuori allo sbando. Oppure puoi offrirmi un caffè e supportare il mio lavoro. Grazie!
E ora, come sempre, schiaccia play e… buona lettura.
Giorni fa discutevo di come io resti sempre un po’ perplessa quando ascolto storie di persone che dopo amicizie decennali decidono di mettersi insieme. In questo caso tutto era nato dal racconto riguardante una persona che conoscevo anni fa e che oggi, dopo una serie di relazioni, è in coppia con il suo ex coinquilino dei tempi dell’università e con il quale ha avuto una figlia dopo peraltro pochissimo tempo dall’inizio del rapporto.
Quanto certe scelte sono dettate da un fortissimo sentimento e quanto dalla paura di restare soli e dal ticchettio del proprio orologio biologico? Era ed è questa la domanda, cinica lo ammetto, che mi pongo sempre di fronte a certi racconti.
Non che sia alla ricerca di una risposta, che unica e universale non potrebbe mai essere trattandosi di relazioni personali, ma mi chiedo sempre come si riesca a fare questo switch relazionale con una persona che per anni ha sempre rappresentato altro. In questo caso un amico fraterno di cui probabilmente abbiamo visto ogni lato più intimo (migliore e peggiore che sia) e viceversa.
Sono consapevole di avere un bias molto forte su questo tema. Sarà che da sempre ho moltissime amicizie maschili e con nessuna potrei mai immaginare di finire insieme, convivere e avere figli. Sono una di quelle persone che nei rapporti ragiona per compartimenti stagni, una volta che ti identifico sotto una specifica “categoria” fatico a vederti in altro modo.
È limitante? Probabilmente si, non lascio spazio alla cosiddetta evoluzione relazionale intesa in questo caso come la capacità dei rapporti di adattarsi e cambiare forma, plasmandosi continuamente al tempo e alle contingenze. Io invece, parlando più concretamente, una volta che creo un legame d’amicizia con un’altra persona quasi sicuramente non lascerò che si evolva in altro.
Uso il quasi solo per mera convenzione sociale che ci impone di mantenere un margine di imperscrutabilità del futuro, ma di fatto nel profondo ne sono abbastanza sicura ecco. E questa mia rigidità relazionale vale esclusivamente se non c’è alcuna attrazione latente, di cui magari sono stata consapevole fin dall’inizio della conoscenza e che per motivi vari ed eventuali ho scelto di tenere a bada.
Va da sé che il mio modo di intendere forma e sostanza dei rapporti non può essere universale e valevole per tutti. E peraltro invidio chi invece riesce a cambiare sguardo e ad avere quella capacità di vedere sotto una nuova luce chi ha di fronte da anni. Del resto se ci accorgiamo che ci fa stare bene perché non farlo?
Eppure, mi chiedo, ed è questo il mio limite, può esistere mistero tra due amici decennali diventati amanti? Quel mistero che per me resta alla base (iniziale) di ogni relazione, quella sorta di zona grigia tutta da scoprire e conquistare uscita dopo uscita. Quella magia nel trovarsi di fronte una persona di cui, di base, non sappiamo assolutamente nulla ma dalla quale siamo attratti senza soluzione di sorta. Non è in fondo la voglia di conoscere l’altro che ci spinge a volerne sapere sempre di più e ad andare avanti? A voler fare domande e, soprattutto, a voler conoscere le risposte?
Ma quando di fronte abbiamo qualcuno che ci ha già vissuto nella nostra intimità quotidiana, che tipo di magia si può mai davvero innescare?
O forse, semplicemente, è vero quel leitmotiv per il quale a una certa età non è più la magia che spinge due persone a scegliersi, quanto il desiderio di stabilità, di genitorialità, di scelta di un partner di vita che possa essere un compagno capace di supportarci e sul quale fare affidamento?
È chiaro che le cosiddette caselle da spuntare in un potenziale partner a ben oltre trent’anni (quasi quaranta) sono ben altre rispetto a quelle dei venti. La cosiddetta magia e l’attrazione lasciano spazio ad esigenze diverse dovute anche a desideri che a vent’anni difficilmente si avevano. E forse scoprire di avere tutte le risposte a quello che si vuole in un amico potrebbe essere la chiave di volta di una relazione davvero di successo.
Sbaglia chi si preclude questo tipo di possibilità?
Tutto alla fine torna sempre lì. A cosa vogliamo da un rapporto, in che fase della nostra vita ci troviamo e dalla capacità di riconoscere e afferrare la felicità quando ci passa di fianco. Così per qualcuno si scopre essere incredibilmente vicina, talmente tanto da non essersene accorto prima. Che poi la molla iniziale sia paura della solitudine, voglia di avere un figlio o passione travolgente tardiva poco importa, fintanto che due persone si sentono davvero in sincronia l’una con l’altra.
Io qui ammetto tutti i miei limiti e probabilmente la mia ristrettezza emotiva sul tema “amicizie che si trasformano in relazioni” solo ed esclusivamente per una mia naturale inclinazione alla scommessa. Quella nei confronti dell’ignoto e di quel mio personale bisogno viscerale di “friccicorio” unico che scatta tra due estranei.
Che poi queste scommesse non vinte facciano parte del gioco è un’altra storia. Ma del resto non saremmo qui, una domenica autunnale come tante, a scriverci su.
#ItsFridayImNotInLove
💌 Modern Love
Dalla rubrica settimanale del New York Times “Modern Love” (da cui è tratta la serie disponibile su Amazon Prime)
Mai Modern Love poteva essere più adatto viste le notizie di questa settimana su quello che riguarda anche il corpo di noi donne. In questo saggio del 2017, Heather Kindree Thomas offre, infatti, una potente testimonianza sugli effetti dannosi della possessività degli uomini sul corpo delle donne.
“I am 24, and my body makes life dangerous for me. My breasts, my hips, the way I walk. Any woman’s breasts, any woman’s hips, the way any woman walks.
It’s all somehow too tempting. Our full lips or thin lips. Our necks exposed beneath cropped hair, or our long hair, or the split ends we pick at while sitting on the bus. Our pierced or unpierced ears. The infinite circle of belly button winking beneath our shirts. We look too good in our T-shirts and jeans. We look too good bundled up in our coats, carrying houseplants down the street.
When we walk home to our apartments late at night, we carry our keys spread out between our fingers, and we jump at the shadows of shadows. In the daylight, we pretend we were never afraid.”
📌 Post-it del venerdì
Single, dating, coppie e relazioni. Gli articoli della settimana per districarsi nel precariato sentimentale
Come siamo messi a curriculum relazionale? Io malissimo. Ma ecco perché potrebbe non essere un problema nel dating (come al contrario ho sempre pensato).
Se pensi che questo riguardi o accada solo a chi ha brevi frequentazioni, magari iniziate tramite le app di dating, ecco forse ti sbagli. Cosa succede quando vieni ghostato dal tuo partner di lungo termine? Come ci si riesce a riprendersi quando la persona amata ti ignora?
Flirtare equivale a tradire? Oppure sarebbe più corretto chiedersi: esiste un flirt che sia davvero innocente?
Si può essere aromantici? Si può vivere non provando attrazione romantica per nessuno? Potrebbe sembrare difficile, eppure per qualcuno è così.
🎙️ Mixtape e altre storie
Consigli (non) richiesti su come perdere tempo la sera
«Dove finiscono le parole che non hanno un luogo dove andare?» È quello che si domanda la scrittrice Laura Imai Messina, da anni ormai residente in Giappone, che torna con il suo ultimo libro “Tutti gli Indirizzi Perduti”.
«C'è una piccola isola, nel mare interno di Seto, che ha la forma di un'elica e non più di centocinquanta abitanti. Proprio lì, nell'ufficio postale di Awashima, vengono conservate tutte le lettere spedite a un destinatario irraggiungibile: un amore perduto eppure ancora presente, la ragazza che leggeva Kawabata su un autobus a Roma, l'inventore del fon, il giocattolo preferito d'infanzia, il primo bacio che tarda ad arrivare. Come messaggi in bottiglia, sono parole lasciate andare alla deriva che non aspettano una risposta. Perché scrivere può curare, tenere compagnia, aiutarci a decifrare il mondo, o la nostra stessa anima.»
Così in occasione dell’uscita del libro Einaudi lancia una bellissima iniziativa editoriale, l'Ufficio degli Indirizzi Perduti, un posto reale a cui spedire le proprie lettere di riconoscenza, d’amore, di nostalgia, di rabbia o malinconia, indirizzate a una persona amata, a noi stessi nel passato o nel futuro, a sconosciuti incrociati per caso, per comunicare tutto ciò che non siamo mai riusciti a dire a voce. C’è tempo fino all’11 di novembre, data in cui Imai Messina arriverà in Italia dal Giappone per iniziare il suo tour di presentazioni, e ritirare tutte le missive che sono arrivate: nei giorni successivi ne selezionerà poi alcune per leggerle durante gli incontri, e sui canali social della casa editrice.
Basta inviare le lettere a:
Ufficio degli Indirizzi Perduti
c/o Einaudi Editore
Via Biancamano 2
10121 – TorinoOppure puoi imbucare di persona la lettera presso le speciali cassette dedicate in alcune librerie a Milano, Bologna, Roma e San Donà di Pieve.
E qui di seguito proprio una di quelle lettere arrivate all’ufficio postale “𝑨 𝒎𝒆 𝒔𝒕𝒆𝒔𝒔𝒂, 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒂 𝒅𝒊 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒐𝒓𝒊𝒓𝒆 𝒎𝒊𝒂 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂.”
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