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E ora, come sempre, schiaccia play e… buona lettura.
Mi ha fatto sorridere questo articolo in cui l’autrice racconta come il suo approccio attuale alle decisioni che si trova a dover prendere, nell’ambito del dating, sia “per la trama”.
“Do it for the plot” è un’espressione americana che indica la decisione consapevole di vedere sé stessi come il personaggio principale della storia che è la propria vita. Ed è importante, quindi, mantenere la prospettiva che ogni momento - buono o cattivo - è solo un episodio o un punto della trama per la nostra narrazione più ampia. L’obiettivo è iniziare a vivere in modo non omologato per regalare al pubblico quel colpo di scena che nessuno si aspetta.
Di fatto è un modo per superare quella paura del giudizio altrui, ma anche una tattica per cercare di combattere quell’abitudine a pensar troppo davanti a qualunque scelta da prendere, affidandosi maggiormente al proprio istinto. Con la consapevolezza che sì esistono sempre conseguenze, ma ciò che cambia è l’approccio che adottiamo per arrivare a determinati risultati.
Vivere per la trama è tremendamente complesso, ma allo stesso tempo può essere un buon esperimento per tutte quelle persone che, come me, si ritrovano in una situazione di stasi emotiva e sentimentale per i motivi più disparati e personali. Questo perché tale approccio presuppone, in tutti i casi, un elemento essenziale: l’azione.
Diventando sceneggiatori, produttori, registi e attori del nostro film siamo necessariamente obbligati a metterci in movimento, essere il centro propulsivo del set, quindi non solo immaginare e ripetere dialoghi e gesti solo nella nostra mente quanto metterli finalmente in scena.
A modo suo lo scrisse anche Luigi Pirandello in un biglietto per la baronessa Maria Giudice: “Non aspettarti nulla che non venga da te”. Un modo più poetico di esortare all’azione, di non restare bloccati in un’attesa perenne.
Dicevo, è un approccio difficile. Perché difficile è lasciare andare il concetto di attesa in una società che già ci vuole iper performanti e quindi sempre attivi, sempre pronti all’azione. Abbiamo anche dimenticato come si ozia nel giusto modo (sempre che esista). Ed io che ferma non lo sono mai stata in tanti aspetti personali e professionali, in quello relazionale mi rendo conto di recitare coscientemente da sempre una vita in attesa. Quella che è essa stessa piacere, dicono. Una buona scusa, anche questa, per non mettersi alla prova, buttarsi nella mischia, vedere dove si può arrivare se si decide di non aspettare più.
È per questo che vivere il dating “per la trama” è un atto a modo suo coraggioso se lo si spoglia di quel velo superficiale dell’avere, di base, qualcosa da raccontare agli amici agli aperitivi, per usarlo invece per uscire dalla propria comfort zone.
Potrebbe quindi essere questo il mantra del 2024? Forse, o forse no. In fondo, c’è chi davvero ama aspettare. Perché nell’attesa, che non significa accettare passivamente tutto ciò che ci capita anzi, si ritrova un tempo più lento dentro il quale proiettarsi e agire. Un po’ come per compensare quella velocità alla quale siamo chiamati a vivere a lavoro, nelle interazioni sociali, o anche nei momenti di divertimento e di dolore.
Allora, senza scadere in un banale elogio della lentezza, la capacità di saper attendere, anche nella sfera sentimentale, assume ancora oggi un significato importante per regolare il nostro ritmo narrativo, che non potrebbe esistere senza le giuste pause e gli spazi bianchi.
Vivere per la storia però può insegnarci a rompere quegli schemi tradizionali, nei quali, non volendo, ci ritroviamo incastrati e da cui fatichiamo ad evadere. Un modo per stravolgere l’immagine che gli altri ci hanno cucito addosso e che spesso non vogliamo strappare per non deludere. Forse, anche perché è un’immagine talmente nitida e viva alla quale abbiamo finito per affezionarci anche noi, perché sa essere un salvagente prezioso quando temiamo di affondare. Ma soprattutto, liberarci dal giogo di come ci vedono gli altri richiede uno sforzo e delle energie importanti, che non si hanno sempre a disposizione.
Ma proviamo, comunque, ad accettare il consiglio. Forse, iniziare a vivere le nostre frequentazioni come se ci trovassimo davvero in una rom-com americana potrebbe essere una chiave alternativa per ritrovare un po’ di quell’azione perduta lungo la strada. Rimettersi in moto dopo il necessario riposo. Senza chiedersi, almeno per un po’, se la direzione sia davvero quella giusta o meno. Tanto si punta tutti verso la stessa meta, con o senza mappa a guidarci: verso una felicità smaccatamente impudente, senza alcun rimorso.
#ItsFridayImNotInLove
💌 Modern Love
Dalla rubrica settimanale del New York Times “Modern Love” (da cui è tratta la serie disponibile su Amazon Prime)
Una frequentazione durata appena pochi mesi, interrotta perché incapace (lui) di impegnarsi seriamente. Poi, improvvisamente, ritrovarsi durante un momento difficile. Lei, l’autrice di questo Modern Love, è la scrittrice e giornalista Maria Yagoda che si ritrova ai piedi del suo letto d’ospedale, dove sta portando avanti un ciclo di chemio, Kevin con cui aveva chiuso 8 anni prima. E per tutti i mesi a seguire lui diventa il suo “caregiver” aiutandola in ogni situazione. Il finale è tutto da scoprire e interpretare, perché non sempre le cose vanno come immaginiamo. O più semplicemente ci sono sfumature complesse, nelle relazioni più che mai.
“Being single in a society that’s pathologically oriented toward romantic love, and with my family out of state, I didn’t feel like I had one person I could call at 4:17 a.m. to take me to the emergency room if things got dicey, one person whose job it was to take care of me, even though I had many wonderful friends who support and love me.
Did I have a friend who would pass my apartment on his midnight runs to make sure my lights were off and that I was not awake in excruciating pain? No, but Kevin did that for me.”
📌 Post-it del venerdì
Single, dating, coppie e relazioni. Gli articoli della settimana per districarsi nel precariato sentimentale
Un pezzo molto Friday I’m (not) in love old style da tenere a mente per tutto l’anno. Come dimenticare una persona e una relazione o frequentazione ormai finita? Non esiste una regola valida per tutti, ma come spiega l’esperto “Il tempo non è mai un buon modo per misurare i propri sentimenti” anche se, quando ci si sente bloccati, è bene fare qualche passo in avanti.
“T’ameranno per quello che sei ma t’ameranno pure per come li fai sentire, questo è il dilemma. E come ci vogliamo sentire, tutti? Meglio, ecco come ci vogliamo sentire. Allegri, su un’autostrada verso il mare. Ci vogliamo sentire a maniche corte. S’amano quelli che distraggono, inutile girarci intorno. Sono più belli dei belli.” Una splendida Ester Viola nella sua consueta rubrica dove prova a rispondere a una delle domande più antiche: perché è così difficile farsi amare?
Cosa fare quando si è gelosi degli amici dei propri “migliori amici”? O, più in generale, qual è il senso ultimo di determinati rapporti? Una bellissima rubrica di
presente con la sua newsletter anche qui su Substack (se vuoi dargli un’occhiata, te la consiglio).
Conosci il reframing? È il cambiare prospettiva rispetto a quanto ci circonda e in questo pezzo si prova a spiegare come mai sia importante imparare a farlo nell'elaborazione dei nostri obiettivi o buoni propositi di inizio anno (ma non solo).
🎙️ Mixtape e altre storie
Consigli (non) richiesti per sembrare degli alternativi consumati
Ho adorato la prima puntata de La Storia, nuova mini serie RAI tratta dal noto romanzo di Elsa Morante. L’ho adorata per Jasmine Trinca, qui per me nella sua interpretazione più intensa di sempre, l’ho adorata per Roma ritrovata sullo schermo un lunedì sera freddo milanese. L’ho adorata perché mi ha ricordato il senso dell’attesa settimanale, quel concedersi un (bel) prodotto televisivo con i giusti tempi, senza quell’ansia da tutto e subito che le piattaforme streaming ci hanno imposto negli anni. Sarà bello restare in attesa dei prossimi tre lunedì. E non posso che consigliartela caldamente.
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