It's Friday I'm (not) in love - Issue #200
Di treni persi e di responsabilità verso noi stessi.
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E ora, come sempre, schiaccia play e… buona lettura.
Se c’è qualcosa di universalmente noto è la sensazione di aver perso un treno. Ed è quello che ho provato recentemente, quando sono scesa a compromessi realizzando ad alta voce qualcosa a cui non avevo dato volutamente peso per diverso tempo.
Per me è accaduto una sera, quando non ho potuto fare a meno di pensare che per l’ennesima volta non ho avuto abbastanza coraggio di espormi e di essere sincera con me stessa e con quello che provavo. Oltre che con quello che poteva essere con la persona di fronte a me.
Il tema delle infinite possibilità che si incrociano nella vita è un leitmotiv che ci rivendiamo ciclicamente per non soffermarci su quei momenti in cui, invece, si dovrebbe solo scegliere di provarci. E personalmente è sempre la stata l’ansia del rifiuto e del non essere abbastanza a frenarmi dal provarci realmente. Negli ultimi anni, poi, è diventata come una paura paralizzante.
Pur con la profonda consapevolezza che, come viene meravigliosamente descritto nel Modern Love di questa settimana (che trovi più giù), “i legami più profondi non nascono dal tentativo di dimostrare il nostro valore, ma dall'avere il coraggio di essere esattamente ciò che siamo, confidando di poter essere amati per questo. Vengono dalla condivisione di pezzi della nostra vita con qualcuno senza obblighi, semplicemente perché lo vogliamo.”
Eppure, dicevo, la mia sensazione è sempre stata quella di essere rimasta bloccata in un limbo che ha le fattezze di una banchina della stazione. Tu sei lì in piedi in perenne attesa, pensando che ci sarà qualcuno che ti prenderà quasi di peso per farti salire sul treno di passaggio. Che quindi basta farsi trovare pronti con i propri bagagli e il resto poi verrà da sé.
Con i treni persi, poi, ci ho fatto quasi l’abitudine. Ma quel sapore profondamente amaro di non essersi voluti dare una chance non cambia. Insieme alla presa di coscienza, sempre tardiva, delle parole che avremmo voluto dire e che finiscono per risuonare vuote e fragili.
La mia vicina di casa, nonché ormai cara amica, nell’ascoltarmi non ha potuto fare a meno di ricordarmi che i rimorsi passano e si trasformano in ricordi sui quali forse, anche, riderci su. I rimpianti restano lì fermi, quasi inamovibili. Sicuramente non cambiano forma e volto, quasi a ricordarti di tutte quelle volte che per codardia non siamo riusciti a fare quel primo timido passo.
C’è poi tutto un tema di percezione del sé che rende prendere certi treni così complicato. E non è solo un discorso di sicurezza in sé stessi o di beato menefreghismo nei confronti di quello che potrebbe essere il risultato finale. Positivo o negativo che sia e sempre che possa davvero essere considerato in questi termini.
È soprattutto un tema del “merito”. La protagonista del Modern Love lo spiega benissimo in poche parole: quello che decidiamo di provare per le altre persone, e viceversa, è qualcosa che diamo e riceviamo gratuitamente. Non si tratta quindi di meritare qualcosa dall’altro. Si tratta di permettere a noi stessi di essere visti, con tutti i nostri spigoli. Imparando, scrive, che la nostra insicurezza non è un motivo per chiudersi all'amore (o a qualunque altra cosa stiamo ricercando, aggiungo io).
Cose banali, dirai. Quasi scontate. Una sorta di ABC delle relazioni che si dovrebbero padroneggiare con una certa facilità all’alba della nostra età (qualunque essa sia). Una sorta di patentino acquisito che dovrebbe farci guidare quasi con il pilota automatico in quel pantano che sono i rapporti tra le persone e le connessioni che inevitabilmente creiamo negli anni.
Eppure eccomi qui, con quella sensazione di cui sopra, che conosco a menadito, perché potrei elencarti più treni persi che presi con (in)coscienza che altro.
“Non hai perso alcun treno, perché non è ancora passato. È lì fermo” ha commentato un altro amico. Ricordandomi che spesso confondiamo occasioni perse (ma accadute) e altre a cui non abbiamo proprio dato la possibilità anche solo di crearsi. È una differenza sottile ma esiste e, in qualche modo, ci rende ancora più responsabili di fronte alle nostre non scelte.
Perché razionalmente parlando il nodo è quello. Sono sempre stata io a non scegliere. A non darmi io per prima l’opportunità di volerci provare ad essere felice. Scaricando sugli altri la colpa di non aver mai fatto o detto quel qualcosa che nel mio immaginario mi avrebbe dato sicurezza e sbloccato dalla mia immobilità emotiva. Aspettando sempre che fosse l’altra persona a tendermi una mano per farmi salire su quel treno.
I rimpianti sono poi venuti da sé. E forse, proprio perché così conosciuti, sono diventati una presenza quasi più rassicurante di un possibile rimorso. Del resto rifuggiamo da sempre l’ignoto, per ricercare sistematicamente (nelle relazioni, a lavoro, nella socialità) situazioni che conosciamo bene e in cui pensiamo così di saperci districare con più facilità e padronanza.
Cosa renda una persona più spavalda e onesta nel manifestare apertamente quello che prova io davvero non l’ho mai capito. È un atteggiamento nei confronti della vita e dei suoi imprevisti che vorrei imparare. Cosa ci renda così preda delle nostre debolezze, al contrario, è qualcosa che comprendo facilmente. La sensazione che gli altri non potranno mai accettarci per i nostri spigoli, che per primi non accettiamo noi stessi, e quel vecchio adagio per il quale osserviamo e reputiamo gli altri come in cerca di qualcosa di migliore rispetto a quello che potremmo offrirgli.
“Io non leggo nel pensiero” ha continuato il mio amico. Come a dire che nella maggior parte delle volte siamo noi che abbiamo l’arroganza di immaginare quello che l’altra persona può e sta pensando. Non dandoci la possibilità di chiedere e ascoltare davvero. Per paura sì, ma anche per comodità.
I treni persi diventano così una scusa che ci diamo per non mettere in atto alcuno sforzo, per non impegnarci mai davvero. Non per gli altri ma verso noi stessi. Dimenticandoci invece che è tremendamente vera solo una cosa: siamo noi i responsabili della nostra felicità.
#ItsFridayImNotInLove
💌 Modern Love
Dalla rubrica settimanale del New York Times “Modern Love” (da cui è tratta la serie disponibile su Amazon Prime)
Ci sarebbe così tanto da scrivere su questo bellissimo Modern Love di Shoba Dasari che una newsletter non basterebbe. E forse posso solo dirti di leggerlo. C’è così tanto nella sua storia che risuona con la mia che fa quasi male. Quella sensazione di essere perennemente imperfetti, di sentirti sempre in difetto, di faticare a lasciarsi andare con un’altra persona. L’autrice racconta la sua storia di una connessione profonda tra con Utsav, conosciuto una sera a una festa da amici, nonostante le loro differenze. La relazione la porta a confrontarsi con le sue insicurezze, imparando che l'amore non riguarda "meritare" qualcosa, ma essere autentici e accettarsi per come si è. Imparando a prendersi la responsabilità della propria felicità, senza cercare di dimostrare nulla.
“I do know that something fundamental has shifted in me. I’m building a life based on what I want, not what I think I need to do. I have taken responsibility for my happiness, and I’m seeing how this doesn’t compete with connection — instead, it allows me to show up better for the people I care about. I’m learning that insecurity is not a reason to close myself off from love.”
📌 Post-it del venerdì
Single, dating, coppie e relazioni. Gli articoli della settimana per districarsi nel precariato sentimentale
Conosci il “Carrie Complex”? Non ho mai fatto mistero di non aver mai visto Sex&TheCity, se non qualche puntata sporadica, ma conosco abbastanza i personaggi e devo dire che mai definizione fu più calzante. E fidati, se non hai un’amica con un Carrie Complex ecco, allora, quell’amica potresti essere tu.
Dating Trend: E proprio a proposito di dating, gennaio e il suo “Dry January” possono essere la scusa per un approccio diverso e “sobrio” agli appuntamenti.
Babygirl uscirà a brevissimo nelle sale italiane e decisamente non vedo l’ora di vederlo viste le recensioni e i commenti. Anche perché pare essere un onesto ritratto del piacere femminile. Eppure, come ben commenta questo pezzo, “se siamo tutti così a nostro agio nel parlare di piacere femminile, perché tutte le donne che conosco fingono ancora?” Ed in fondo proprio il cosiddetto orgasm gap è ancora un tema di cui si parla poco.
E sempre per il tema dating trend, forse dovremmo smetterla di parlare di ghosting per evidenziare quanto l’orbiting sia anche peggio.
🎙️ Mixtape e altre storie
Consigli (non) richiesti su come perdere tempo la sera
Il commento migliore per descrivere questo album mi arriva questo venerdì su WhatsApp: “È uscito il nuovo disco di Flavione. L'unico che nonostante una relazione resta sempre il solito preso a male 😍” recita il messaggio della mia amica. E mai descrizione fu più azzeccata. Qui una sua bella intervista in cui giustamente è perfettamente allineato con questa newsletter:
“C’è una precarietà lavorativa ed emotiva nell’aria, non sappiamo bene cosa vogliamo, ma ci sentiamo in colpa perché pensiamo che a 35 anni si debba essere un certo tipo di persona solo perché siamo cresciuti con quei riferimenti, ma il mondo è cambiato e ci sentiamo confusi. Non sappiamo bene come si fa e cosa dovremmo essere a questa età. Non siamo liberi di dire che a 35 anni ancora non abbiamo una relazione, comprato casa, scelto un lavoro fisso.”
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Questa settimana ho visto il trailer del nuovo film di Genovese che uscirà a breve al cinema, si chiama Follemente e sembra una sorta di Inside out per adulti e mi ha fatto pensare alla tua newsletter, mi andava di condividerlo con te nel caso ti capitasse di vederlo!
Quanti rapporti su diversi piani hai raccontato in queste poche righe.
Difficoltà nel districarsi nell'impervia foresta di un dialogo che "deve" funzionare.
D'altronde non è l'obiettivo del vivere la coppia smettere di essere "io" e cominciare ad essere "noi".
E' la fatica di queste relazioni che ci tiene lontano da tutte le relazioni.