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E ora, come sempre, schiaccia play e… buona lettura.
Dove sono finiti i famosi “amici degli amici”? Quelle creature rare e mitologiche che, stando a rom-com su Netflix e storie di gente a malapena conosciuta, dovrebbero rappresentare dei potenziali candidati perfetti per le nostre relazioni?
Non ne sentiamo più troppo parlare, eppure esistono ancora.
Venerdì sera, due amiche raccontavano di come le loro attuali relazioni siano nate grazie all’intuito di amici lungimiranti che le hanno presentate ai loro attuali partner. La classica situazione in cui i nostri amici ci conoscono meglio di quanto immaginiamo, riuscendo spesso a intuire ciò di cui abbiamo davvero bisogno e chi potrebbe farci stare bene. Così, con un semplice 'secondo me questa persona ti potrebbe piacere, te la devo presentare', ci ritroviamo davanti a potenziali relazioni nate non da un algoritmo fallace, ma da anni di conoscenza e confidenza reciproca.
Non nego di pensare da sempre che è così che dovrebbe, anche e in parte, funzionare. Nel senso, conoscere persone nuove attraverso la tua rete sociale e, potenzialmente, interessanti da frequentare. Questo non solo perché avere in comune una conoscenza o amicizia può rappresentare già una green flag da cui partire, ma perché potrebbe rendere il primo incontro più spontaneo e naturale.
Così, mi chiedo, dove sono finiti gli amici dei miei amici? È una modalità di aprirsi a nuove conoscenze che può valere solo a vent’anni e ai primi anni dei trenta? Quando ti avvicini ai quaranta è davvero impossibile pensare di avere una rete sociale meritevole di essere ancora allargata? E quindi, perché no, presentare persone potenzialmente interessanti ai tuoi amici?
È un tema su cui mi ritrovo spesso a riflettere: da un lato perché, per consuetudine sociale, più si cresce e più la cerchia di amicizie tende a restringersi; dall’altro perché si arriva facilmente a un punto in cui gli amici in coppia frequentano solo altre coppie, e quelli con figli si ritrovano soprattutto con altri genitori.
È come se “gli amici degli amici” diventasse una categoria rarissima a cui accedere, complice anche il fatto che più cresci e meno, probabilmente, senti ancora questa spinta di voler giocare al dottor Stranamore. Troppo presi come siamo dall’ansia sociale, dal lavoro, dalla quotidianità più trita.
Più cresciamo più diventiamo egoisti e pigri? Non so, forse, in piccolissima parte c’è anche una componente di questo tipo. La cerchia sociale, come detto, gioco forza si assottiglia e forse diventiamo anche meno predisposti a mettere a sistema le nostre conoscenze, ad aprirle agli altri per non farle viaggiare su binari paralleli.
È un qualcosa che ho toccato con mano per anni, complice il fatto che io, per mia natura, ho sempre al contrario amato tessere connessioni di ogni tipo creando invece massima commistione tra le mie amicizie.
Gli amici degli amici resta quindi un archetipo che ho a lungo rincorso ma non ho mai toccato con mano nella mia vita relazionale. Lo dico con un pizzico di amarezza da vecchia romantica. Perché credo sia sempre interessante scoprire come ti vedono persone a te care, cosa pensano possa funzionare per te.
Magari capire, ad esempio, che il “tuo tipo” a cui ti sei aggrappata per anni in realtà sia un approccio totalmente sbagliato e che è solo provando a conoscere gente profondamente diversa che puoi restare davvero stupita. In modo positivo. Uscendo così da una comfort zone che spesso ha più le fattezze di una gabbia autoimposta.
Quando scopro che per qualcuno a me caro la formula del “gli amici degli amici” ha davvero funzionato, ne sono sempre molto felice. Perché conferma la mia idea di come connessioni di questo tipo fanno spesso la differenza di fronte a una “dating experience” sempre più superficiale.
E forse regalano anche una storia diversa da raccontare — e da ascoltare — a mezzanotte, al freddo, davanti a un piccolo chiosco in un parco. Con la voglia di brindarci e riderci ancora su, come solo tra amiche si può davvero fare.
#ItsFridayImNotInLove
💌 Modern Love
Dalla rubrica settimanale del New York Times “Modern Love” (da cui è tratta la serie disponibile su Amazon Prime)
Si può trovare l’amore in “a hopeless place” come cantava Rihanna? Apparentemente si. Dopo aver perso il lavoro in un’agenzia federale, l’autrice Nina Cahill si ritrova a piangere in un bar, sfogandosi con un’amica. Poi arriva Finch: un’app che ti aiuta a rimetterti in sesto prendendoti cura di un uccellino virtuale. Quello che inizia come un passatempo assurdo diventa un rifugio, una forma di connessione e — contro ogni previsione — anche un modo per flirtare. Un Modern Love intimo, ironico e tenero su come ci aggrappiamo a piccole cose quando tutto il resto sembra crollare.
“I knew there might be a time in the future when I would look back on this spring and regret inviting him and his Finch into my life, making myself vulnerable to heartache to come. But in that moment, it was worth it.”
📌 Post-it del venerdì
Single, dating, coppie e relazioni. Gli articoli della settimana per districarsi nel precariato sentimentale
Dating Trend: E se il tuo tipo non fosse il tuo tipo? Un appuntamento con qualcuno che sembrava “sbagliato” si rivela sorprendentemente giusto. Da lì, il dubbio: quante possibilità ci sfuggono per colpa delle nostre preferenze troppo rigide? Forse l’amore non si trova perfezionando il filtro, ma lasciando spazio all’imprevisto.
Quando ogni appuntamento sembra una replica del precedente e l’idea di aprire un’app di dating ti dà l’ansia, potresti essere in piena dating fatigue. Cinque consigli per ritrovare il piacere nelle connessioni, anche nel caos. A volte basta rallentare per ricominciare davvero.
Che si tratti di una rottura, una malattia, un infortunio, un divorzio, un allontanamento, i figli che vanno via di casa, la pensione, disastri naturali o persino l’invecchiamento — sembra che, a volte, tutti stiamo elaborando un qualche tipo di lutto. Il lutto, ci dice la scienza, è come dover buttare via la mappa con cui abbiamo sempre orientato la nostra vita. E allora forse viaggiare, davvero, può aiutarci a disegnarne una nuova. Il viaggio — se vissuto con intenzione e consapevolezza — può trasformarsi in un rituale di guarigione. Non fuga, ma contatto: con il dolore, con la memoria, con qualcosa che ci rimetta in cammino.
Anche nelle relazioni d’amore più intense e durature, non si raggiunge mai il 100% di felicità prevista. A volte si ama qualcuno che non ci corrisponde pienamente, o che cambia, lasciandoci a fare i conti con rimpianti e delusioni. Aspettare, sperare e giustificare comportamenti difficili è comune, ma l’amore non corrisposto richiede una forza di volontà straordinaria, spesso sprecata.
🎙️ Mixtape e altre storie
Consigli (non) richiesti su come perdere tempo la sera
Ieri sera, durante un evento gratuito voce e piano, ho avuto modo di sentire nuovamente dal vivo Motta (non accadeva da nove anni) e avevo totalmente dimenticato quanto fosse stato importante per me questo disco all’epoca. Quando uscì, coincise con la fine dei miei vent’anni e tutto quello che una fase dele genere poteva significare. Un disco poetico, intimo e forte allo stesso tempo. Oggi che mi accingo alla fine dei miei trent’anni sentirlo nuovamente è stata un’emozione altrettanto forte. Per me resta uno dei dischi italiani più belli degli ultimi dieci anni.
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