It's Friday I'm (not) in love - Issue #7
"Non rinuncio a niente. Semplicemente faccio ciò che posso perché le cose rinuncino a me." - Julio Cortázar -
"Tu sei come l'ultimo soldato giapponese". A dirmelo in una di queste ultime sere di maggio un vecchio amico davanti a un gelato. Si riferiva a Hiroo Onoda, il leggendario "ultimo giapponese", colui che si arrese solamente nel 1974, trent'anni dopo l'arrivo sull'isola filippina di Lubang, dove continuò per decenni a combattere incurante del dettaglio che il Giappone si era arreso e la Seconda Guerra Mondiale finita. "La quarantena è finita, tu lo sai, ma continui a restare nascosta nella giungla".
Credo che il risultato più evidente di questa pandemia, almeno per me, non sia tanto la difficoltà oggettiva nel riprendere una parvenza di vita sociale quanto il mio desistere dal volerla riprendere. Ho premuto il tasto pausa da una città che viaggia a mille e ora che dovrei di nuovo ingranare non credo di averne voglia. Soprattutto dal punto di vista sentimentale.
Sere fa ho visto per la prima volta "Noi siamo infinito" film tratto da uno dei miei libri preferiti di sempre "The perks of being a wallflower". Non lo dico in inglese per darmi un tono, ma perché quel libro lo comprai nel lontano 2011 proprio in lingua originale con quella copertina splendida pre locandina del film (che nulla aggiunge anzi toglie) totalmente folgorata da una citazione trovata per caso online. Mio padre, molto paziente, mi ordinò il libro alla (ormai defunta) Feltrinelli International di Roma, libro che portai con me quello stesso anno a New York durante il mio tirocinio. Lessi l'ultima pagina in metropolitana, in quel tratto della linea D in cui la metro "esce" in superficie e intravedi il ponte di Brooklyn. Me lo ricordo benissimo perché il finale mi lascio talmente di sasso che istintivamente guardai verso il finestrino esclamando qualcosa in italiano con gli occhi commossi. Credo sia un libro che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita a prescindere dall'età (non è un caso sia ormai un cult generazionale). Parla di prime volte, primi amori, primi dolori. Affronta temi come il sesso, la droga, lo stupro, l'omofobia, il suicidio, la pedofilia. Si, di certo non temi facili. Tutto però con l'inconsapevolezza dell'adolescenza e una colonna sonora eterna. Un libro che racconta quella sensazione di disagio e di emarginazione, comune almeno una volta a tutti, e della capacità di trasformarla in un senso più profondo di libertà... e di infinito.
Vedere un film di un libro letto quasi dieci anni fa mi ha fatto un effetto stranissimo, un mix di malinconica accettazione della mia "vecchiaia" unita ad una scarsa consapevolezza maturata nel tempo. Anni fa non capii fino in fondo la frase che tanto mi colpì al punto tale da cercare quel libro come un'ossessa (ci volle un mese per farlo arrivare).
Sam: Why do I and everyone I love pick people who treat us like we're nothing?
Charlie: We accept the love we think we deserve.
Accettiamo l'amore che pensiamo di meritare. Ed è così che navighiamo molti dei nostri anni, credendo di meritare degli amori tossici e sbagliati, amori che non sono amori. E più sbattiamo la testa contro muri che volontariamente abbiamo deciso di prendere, più ci ripetiamo che è questo quello che vogliamo, ciò che ci rende felici. Guardandoci allo specchio senza mai accorgerci di chi siamo per davvero, tanto buttarci via accettando di essere trattati come se davvero non valessimo nulla. Lo sa bene Sam, la protagonista del libro, bella e fragile, preda di persone sbagliate che non riescono a farle comprendere la sua stessa bellezza. Lo sa bene Patrick che accetta di nascondere la sua relazione con Brad. Lo sa bene Sam vittima inconsapevole delle perversioni degli adulti.
Alla me di dieci anni fa vorrei dire che col tempo si impara a capire il proprio valore, quello che si vuole e negli anni ci si illude di aver appreso la lezione. Salvo poi ricascarci di nuovo e sentirci nuovamente così inadeguati quando qualcuno non ricambia con lo stesso slancio quello che proviamo. E allora si finisce per reagire in modo istintivo. Chi buttandosi nell'ennesima relazione sbagliata, chi rifugiandosi in una giungla senza aver voglia di uscire allo scoperto.
Modern Love
Dalla rubrica settimanale del New York Times “Modern Love”.
"It’s hard to argue with the results." Un saggio semplice e delicato che ci insegna ad abbracciare il cambiamento senza necessariamente arrovellarci sul futuro. Proprio perché le cose spesso cambiano, le relazioni evolvono e a volte le cose (per fortuna) non vanno mai come credi. La storia di due amanti degli animali e di come l'amore per i rispetti compagni a quattro zampe abbia influito positivamente sul loro rapporto, conducendoli in un luogo nel quale nessuno dei due si aspettava di ritrovarsi. Del resto anch'io non potrei che fidarmi ad occhi chiusi di chi ama gli animali. Meglio se gatti però, con buona pace della protagonista. "You can tell a lot about a man by how he treats his dogs."
Post-it del venerdì
Ogni venerdì gli articoli #daleggere della settimana, da buttare casualmente nel bel mezzo di una conversazione che di questi tempi di semi libertà sono sempre utili.
"She lived with us for 56 years. She raised me and my siblings without pay. I was 11, a typical American kid, before I realized who she was." Inizia così IL pezzo della settimana, una lettura totalizzante, uno degli articoli più belli letti in questi mesi. È un articolo datato 2017, ma la sua scoperta si deve, per quanto mi riguarda, all'Internazionale (qui la traduzione in italiano) che lo ha ripubblicato in questi giorni. La premessa importante è che si tratta della storia vera del giornalista e premio Pulitzer Alex Tizon nato in una famiglia di immigrati filippini. È la storia della sua famiglia ma soprattutto è la storia di Lola, all'apparenza la donna che aveva cresciuto Alex e i suoi fratelli, in realtà la schiava della sua famiglia. Una storia drammatica ma permeata dal calore del giornalista verso questa donna, la cui presenza "scenica" è catalizzante nella sua drammaticità. Senza entrare nei dettagli della condizione di schiavitù di Lola, praticata all'epoca da molte famiglie benestanti delle zone più remote delle Filippine, l'articolo merita di essere letto sia per la bellezza della struttura della storia, un esempio di storytelling esemplare, che per tutte le diverse emozioni che è in grado di suscitare. Piccola nota a margine: dopo la lettura ho sentito il bisogno di saperne di più. Ho così scoperto che Alex Tizon è morto il giorno stesso in cui l'Atlantic (uno dei quotidiani / riviste più prestigiosa degli Stati Uniti) aveva deciso di mettere la storia di Lola in copertina. Qui il saluto del caporedattore al giornalista, pezzo che ha acuito ulteriormente la malinconia provata al termine della lettura. Assolutamente da leggere.
"They met during World War II in France and he pledged that he would return and marry her." Come io sia finita a leggere un articolo del The Courier-Journal, noto anche come Louisville Courier Journal , il quotidiano con la più alta diffusione nel Kentucky rimane un mistero. Potere della rete e di quelle sere quando navighi veramente in mari sconosciuti. Anche se a me il Kentucky affascina tantissimo e da anni sogno un giorno di andarci (colpa del film Elizabethtown ovviamente, più che del pollo fritto). L'articolo ha un fascino stile "Le pagine della nostra vita" probabilmente dato dalle foto originali degli anni Quaranta e per la storia d'amore epica raccontata. Solo che in questo caso la storia è vera, come sono veri i due protagonisti: un soldato americano e una giovane aspirante artista francese. Si incontrano durante le battute finali della Seconda Guerra Mondiale in Francia e si innamorano grazie alla comune passione per la musica che aiuta a superare anche la barriera linguistica. Non si daranno mai un bacio nel corso dei loro primi appuntamenti. Lui ripartirà, tornerà a Louisville e si laureerà in musica. Si scrivono lettere ma senza grossi proclami se non quel "Je reviendrai" (Ritornerò) sussurrato poco prima della partenza anni prima. E lui torna. Il resto è raccontato nel pezzo. È una storia romantica nel senso più ancestrale del termine, è una storia vera, è una storia che fa ancora sognare malgrado il finale. Da leggere con di sottofondo "La vie en rose" una delle canzoni preferite di lei, che lui ancora oggi continua a suonare al piano ogni giorno. “Every day I play ‘La Vie en Rose,' the torch song made famous by French chanteuse Edith Piaf," he said. "I don’t let a day go by that I don’t play it. It was one of her favorites.”
Come si racconta una perdita? Probabilmente con un ricordo. Come si raccontano 100mila perdite? La risposta non è facile ma il New York Times ci prova con una scelta che ha fatto in questi giorni il giro del mondo: pubblicando sulla sua prima pagina i nomi di 1000 vittime del coronavirus. La prima volta di una prima pagina senza alcuna immagine. «Non erano solo nomi in una lista. Erano noi», si legge nel sommario. Mille persone che «rappresentano solo l'uno per cento del bilancio totale dei morti. Ma nessuno di loro era solo un numero». Una scelta forte che ha voluto fare quello che a volte dimentichiamo, leggendo le tabelle: umanizzare quei numeri per ricordarci di chi non c'è più. In quest'articolo il NYT dà nuovamente prova della qualità del suo giornalismo proponendo quella prima pagina cartacea in versione online con un tool interattivo che permette, scrollando verso il basso, di leggere alcuni dei brevissimi obituari pubblicati da decine di quotidiani locali a partire dai primi di marzo. Il tutto con alcuni dati sul coronavirus negli Stati Uniti a cura del giornalista Dan Barry.
Mixtape e altre storie
Consigli (non) richiesti per sembrare degli alternativi consumati.
Quest'anno a Cannes si sarebbero dovuti svolgere i grandi festeggiamenti per i 20 anni di In the Mood for Love film capolavoro di Wong Kar-Wai che proprio nel 2000 venne presentato al festival francese vincendo ben due premi (di cui uno come miglior attore). L'anniversario sarebbe stato celebrato con una proiezione del film in versione restaurata alla presenza del cineasta di Hong Kong, tra i principali fautori a mio avviso della grande onda cinematografica asiatica che ha (per fortuna) conquistato l'Occidente. Descrivere In the Mood for Love è complicato, è un film talmente intimo che non lascia spazio a facili descrizioni semplicistiche. È la storia di un desiderio represso, una passione mai vissuta nella Hong Kong degli anni Sessanta, tra due persone ovvero Su Li-zhen (Maggie Cheung) e Chow Mo-wan (Tony Leung) che vivono nello stesso palazzo e che scoprono che i rispettivi partner sono amanti. Un tradimento che li porterà a sviluppare una strana attrazione capace di dipanarsi davanti gli occhi dello spettatore con gesti trattenuti e sguardi fugaci, piccoli dettagli per raccontare l'indicibile. Nulla viene palesemente mostrato, nulla viene sciolto (incluso il finale) tutto il film si sviluppa in spazi piccoli e ristretti come a voler invadere la privacy di queste due persone, che si ritrovano preda di una caccia amorosa struggente e malinconica giocata al ritmo elegante di un valzer (impossibile dimenticare la colonna sonora Yumeji's Theme). Una danza mai esplicita o sfacciata, che mantiene un pudore così strettamente connesso alla cultura di quel tempo e di quel Paese. In questo bellissimo articolo di Vanity Fair edizione Francia il film viene definito nel modo migliore possibile: un capolavoro che parla d'amore, di rimpianti e del tempo che passa. Un film da vedere e non a caso inserito dalla BBC al 2° posto tra i migliori 100 film del XXI secolo. Nb. Nessun giornale italiano di settore ha dedicato mezzo articolo a quest'anniversario, un vero peccato. Qui in compenso un altro bel pezzo di Vogue US sul significato dei costumi del film, che giocano un ruolo fondamentale ai fini narrativi della storia.
Arriva anche in Italia la formula del live stream concert, nata per rispondere in modo proattivo ai limiti imposti alla musica dal vivo. Il primo "esperimento" si svolgerà durante la Milano Digital Week e vedrà protagonista Venerus, giovane e apprezzato cantautore milanese reduce da un anno in stato di grazia. L'uscita nel 2019 del suo Ep. Love Anthem (che consiglio di recuperare) lo ha subito fatto entrare di diritto in quella nicchia "indie" raffinata grazie a un sound contemporaneamente soul, urban e psichedelico. Durante la quarantena è uscito il suo nuovo pezzo "Canzone per un amico" un messaggio malinconico e avvolgente per affrontare questo periodo complicato. Il concerto di Venerus si svolgerà sabato 30 giugno dalle ore 21.00, in diretta dal Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.
"È dura pensare
Se guardi il soffitto
Per non guardar dentro te
Ma niente può cambiare
Se non vuoi cambiare tu."
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