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E ora, come sempre, schiaccia play e… buona lettura.
“Io ora preferisco tornare non andare.”
A cena sere fa con un caro amico parlavamo di viaggi prossimi e futuri. E mi raccontava di come oggi sia più propenso per ritornare un luoghi già visti, per riscoprirli con sguardo e tempi diversi.
“Credi che sia perché abbiamo meno voglia di novità a quest’età? E poi vale anche per le relazioni?” ho provato a chiedergli.
Quella frase mi aveva subito colpito perché, effettivamente, anche nei nostri rapporti tendiamo a un certo punto a restringere il cerchio, quasi come a bloccare l’espansione della nostra rete sociale. A quell’andare verso percorsi nuovi, quindi non solo paesi ma anche persone, tendiamo a tornare da chi abbiamo già conosciuto e vissuto. Come se fossimo alla ricerca di rinnovati porti sicuri relazionali, non per paura dell’ignoto (credo) quanto più una poco docile pigrizia che ci spinge a preferire territori già noti.
Forse si torna perché questo comporta uno sforzo diverso, non minore ma sicuramente meno impattante. È una fatica mitigata dalla voglia di non avere grosse aspettative e quindi di lasciarsi stupire in modo più semplice e leggero.
Andare significa mettersi alla prova, abbandonare la propria comfort zone e lanciarsi in balia di territori totalmente inesplorati dalla nostra memoria. C’è la voglia di scoprire opportunità nuove e inaspettate, accettando anche la possibilità concreta di ritrovarsi alla fine del viaggio con un pugno di emozioni accartocciate.
A vent’anni puoi solo andare. Non hai altre alternative se non andare dritto per una strada di cui non conosci minimamente l’andamento e le curve che incontrerai. Del resto, solo andando possiamo davvero imparare a scendere a compromessi con un’amara verità: non tutti i luoghi sono fatti per restare. E molte relazioni resistono appena il tempo di una tappa.
Tornare diventa così il verbo della maturità, che ci fa comprendere come esista una bellezza più rarefatta e delicata che caratterizza i “luoghi” che già conosciamo, di cui conserviamo ricordi e sensazioni.
Ho sempre pensato che il tornare equivalesse a perdere del tempo prezioso, necessario invece per andare lì dove non sono ancora mai stata. Invece, riflettendoci, tornare comporta anche il saper accettare che i luoghi, così come le persone, cambiano. Accettando il fatto che quello che ricordavamo potrebbe non esistere neanche più.
O forse siamo noi che cambiamo ed evolviamo grazie allo scorrere del tempo e alle storture. E allora tornare significa anche dovere affrontare le conseguenze di chi siamo diventati. Persone così diverse rispetto a quei ventenni di tanti anni fa.
Tornare mi spaventa anche per questo, per il rischio di trovarmi davanti a un luogo, una persona, un rapporto che non mi parla più come un tempo. O di cui, al contrario, conosco già tutto, come un film già visto le cui battute non mi provocano più alcun moto d’empatia.
Andare di contro è un modo per arginare la noia, per mettersi in discussione, per continuare a domandarsi fin dove possiamo spingerci senza avere risposte certe.
Andare e tornare diventano così due verbi di moto a luogo che indicano anche le nostre relazioni con il prossimo. Spinti da un eterno andare e tornare, stringiamo rapporti, creiamo sinergie, creiamo ponti. E in questo viaggiare continuo a volte procediamo da soli, altre volte seguiamo in sincro un altro passo al nostro fianco. Ci si lascia e a volte ci si ritrova per i motivi sempre più svariati e imprevedibili.
E quando si “torna” resta anche una sottile malinconia per un rapporto che non potrà mai davvero essere lo stesso di un tempo. Ma che, forse, sarà capace di evolvere e diventare altro, assumendo forme, suoni e colori diversi ma non per questo meno vibranti.
Vale per le persone, vale per i luoghi dove torniamo.
#ItsFridayImNotInLove
Ps. It’s Friday I’m (not) in love si prende una pausa e torna con un nuovo numero domenica 14 aprile. In settimana parto per il viaggio che attendo da tutta la vita e starò via un paio di settimane. Andrò da sola per cercare nuovi luoghi di cui riempirmi gli occhi e non solo. Per poi scriverci su.
Andare e poi tornare. È questo l’augurio che mi e ti faccio.
A presto!
💌 Modern Love
Dalla rubrica settimanale del New York Times “Modern Love” (da cui è tratta la serie disponibile su Amazon Prime)
Incontrarsi, innamorarsi e creare una famiglia. Salvo poi dover scendere a patti con le scelte del proprio partner. Succede a molti, è successo a Simone Garrindo, che nel suo Modern Love racconta come nei suoi 12 anni di matrimonio abbia dovuto imparare ad essere una moglie di un ufficiale dell’esercito e tutto quello che questo ha comportato. Lunghe assenze, mancanze, ritardi e vuoti. Ma anche un lungo percorso sul quale incontrarsi di nuovo con il marito. Un viaggio su due binari paralleli che, per una volta, riescono ad incrociarsi e a ritrovarsi.
“For years, I had struggled to find a way to build a bridge across the chasm of our experiences. I imagine this struggle is at the heart of a lot of couples’ challenges, because marriage is a union of two different lives: Do you see me? Do you hear me? Can you feel what I feel?”
📌 Post-it del venerdì
Single, dating, coppie e relazioni. Gli articoli della settimana per districarsi nel precariato sentimentale
Le app di dating sono in crisi? Sembrerebbe di si stando agli ultimi dati, ma a cosa è dovuta questa decrescita dell’utilizzo?
Si può arrivare, peraltro, a denunciare e portare in tribunale una dating app? Apparentemente si. Torna sempre quella dating app fatigue di cui si parla molto, le aspettative e una vera e propria dipendenza.
Conosci la "teoria del lasciar fare"? In pratica suggerisce di non preoccuparsi delle azioni degli altri su cui non abbiamo controllo diretto, permettendo di concentrarsi su ciò che è realmente importante. Ma perché può essere utile nelle relazioni e nel migliorare la nostra vita?
Una cosa così semplice come un weekend di ozio potrebbe davvero essere l'antidoto al burnout di cui tutti abbiamo bisogno? Forse dobbiamo abbracciare l'idea di programmare dei giorni di riposo regolari come una forma di autentico benessere.
Quanto di noi possiamo dare in una frequentazione casuale? È quello che prova a domandarsi in questo pezzo l’autrice e spiegando come la mancanza di reciprocità influenzi il coinvolgimento emotivo.
🎙️ Mixtape e altre storie
Consigli (non) richiesti per sembrare degli alternativi consumati
Ho sempre visto al cinema, quando possibile, i film di Ferzan Ozpetek. Saturno contro esce nel 2007 anno in cui sono all’estero per l’Erasmus. Ricordo un viaggio a Istambul e la locandina esposta in un cinema di notte. Ho aspettato 17 anni prima di vederlo una sera di queste su Netflix. Quasi per caso. È una storia corale, a tratti debole a mio avviso, ma con un gran cast che ci ricorda come niente sia per sempre. E la colonna sonora disponibile su Spotify è splendida.
Non so quando sia iniziato questo processo di mettere a fuoco gli anni che avanzano ma questo post rende bene l’idea di quello a cui mi riferisco. L’ho letto, ho fatto un salto nel passato e mi sono chiesta dove siano andati questi vent’anni (io ero in piena maturità all’epoca) e soprattutto cosa io abbia fatto nel mentre. Non “sono andata a letto presto” (cit.), non ho appeso lucchetti e né mi ha mai interessato, però una notte come quella al castello di Santa Severa l’ho desiderata. Sicuramente 3MSC non è un capolavoro ma mi provoca sempre un moto di tenerezza perché mi ricordo le emozioni di allora. Ero adolescente, ero pronta ad andare.
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Anche a me "tornare" spaventa un po'. Anzi, ho notato che, nel momento in cui sono diventata più consapevole e pronta ad aprirmi a nuove relazioni, è scattato in me il principio di visitare solo posti nuovi, non tornando in altri già visti. Non avevo mai pensato che i due elementi potessero essere collegati, ma in effetti...
Buon viaggio, e grazie!
buon viaggio! (e grazie come sempre, mannaggia anche oggi devo pensare a quello che scrivi!)