Questa è It’s Friday I’m (not) in love, una newsletter settimanale per cuori precari ma non disperati che arriva ogni domenica mattina. Se ti piacerà, clicca sul cuore, commenta o inviala ad altri potenziali (e non) cuori allo sbando. Oppure puoi offrirmi un caffè e supportare il mio lavoro. Grazie!
E ora, come sempre, schiaccia play e… buona lettura.
È sempre interessante capire come gli altri ci vedono. Come usiamo un filtro totalmente personale per decodificare quello che abbiamo di fronte. Lo scorso fine settimana ero al matrimonio di un caro vecchio amico del gruppo dei miei vent’anni, quella decade quasi mitologica, a ripensarci oggi, in cui veramente si è vissuta quasi un’altra vita.
In macchina, al ritorno, uno degli amici, ha commentato dicendo come malgrado quegli anni piuttosto vivaci (per usare un eufemismo) oggi tutti quanti noi siamo riusciti a costruirci, a trovare la nostra strada e soprattutto a non perderla e restare centrati.
Quel “costruirci” mi ha fatto riflettere molto perché nasceva, giustamente, dal fatto che quasi tutti quelli seduti al mio tavolo avevano il proprio +1, alcuni stanno progettando il proprio matrimonio, altri attendono un figlio e altri ancora erano già seduti con in braccio qualcuno a cui badare per buona parte della cerimonia.
Inutile dire che io non rientravo in nessuna di queste casistiche. Ma questo già si sapeva. Anche un altro amico mi ha sussurrato all’orecchio il fatto che tutti a quel tavolo eravamo “risolti”.
La questione forse sta tutta qui. Pensarci come delle equazioni a cui trovare una soluzione e che questa, in qualche modo, sia da ricercare in agenti esterni. Un partner al nostro fianco, notti insonni ma felici dietro ai propri figli, una carriera ambiziosa quanto basta per non andare in burnout, il mutuo per il perfetto trilocale con doppio balcone.
Delle famose tappe della vita che ci autoimponiamo ne ho scritto spesso qui. Più in generale della pressione di cui ci carichiamo e che sentiamo di meritarci per raggiungerle. E l’amarezza quando sembra che questi traguardi non siano all’orizzonte. A cui si aggiunge quel senso di “restare indietro” rispetto agli amici di un tempo e che qualcuno nell’era del dover dare nome ad ogni costo, ha già definito the splinter era con relativi consigli su come affrontarla.
Oggi non so bene se ho voglia di definire la mia attuale vita “in ritardo” rispetto a quella di altri amici. Non sono mai stata preda di quel tipo di invidia, peraltro, che cita l’articolo, anzi ho sempre sinceramente gioito di tutti i traguardi che hanno raggiunto. Questa gara, se così possiamo definirla, non sarà mai “contro” di loro ma contro le aspettative sbagliate di cui mi sono caricata le spalle per anni.
Però quello che mi ha colpito è di aver dato l’impressione di essere una persona “costruita” quando dentro mi sembra di non aver neanche trovato ancora i mattoni da cui partire. O meglio a volte è così che mi sento. Altre volte, invece, so che c’è una struttura ma non so bene neanche io che forma assumerà in futuro, si va a sentimento senza alcuna nozione di architettura.
Così mi sono detta che se questa è l’impressione che ho dato ad alcuni dei miei più vecchi amici, quante volte ho sbagliato anch’io nel definire così altre persone? Quante volte dietro quell’immagine così perfetta che ho ipotizzato, si nasconda in realtà qualcuno che come me non sa neanche da che parte iniziare a tirare su i primi muri di casa sua?
Ma poi basta davvero avere una famiglia, un lavoro e nessuna particolare ferita profonda da leccarsi per sentirsi risolti e costruiti?
Mi piacerebbe chiederti qual è, per te, il senso assoluto della felicità. Perché è quello il naturale risultato a cui tutti puntano al termine dell’equazione. Ma una felicità raggiunta in un tempo socialmente accettabile specificherebbe forse qualcuno. Insomma, se è vero che non basta una vita per conoscerci e conoscere gli altri, è altrettanto vero che deve bastare una vita, invece, per riuscire ad essere felici. E risolti e costruiti e tutte le varie metafore che da qui in poi possono scaturire.
Io lo dico da sempre che i matrimoni sono un’ottima cartina di tornasole per capire come ci sentiamo rispetto all’esterno, agli altri e anche a noi stessi. Così a questo matrimonio mi sono divertita e ho assaggiato qualunque dolce presente al buffet. Mi sono macchiata tre volte l’abito e alla terza ho rinunciato a chiedere nuovamente lo smacchiatore. Ho riso molto e parlato (come sempre) tanto. Non ho pensato a che punto mi trovassi con la mia vita. Ormai mi ci soffermo solo quando leggo gli annunci immobiliari che mi manda quotidianamente mia mamma.
Ma in macchina, in quel momento, avrei solo voluto dire che io sento di non essere arrivata proprio da nessuna parte. Che, anzi, non so neanche dove mi stia dirigendo, che a volte cammino per inerzia e procedo a tentoni, non corro per nulla a dirla tutta. E sempre mia mamma direbbe (anzi lo dice) che il tempo passa. Il tempo passa.
E allora avrei voluto dire che io non so neanche come si fa a imbrigliare questo tempo, non so neanche da dove partire. Ma non credo che il segreto sia necessariamente trovare una soluzione alla propria equazione. Anche perché come sappiamo che il risultato prodotto sia proprio quello corretto?
E allora forse le soluzioni sono svariate e diverse rispetto al momento che stiamo vivendo. Cambiano in continuazione proprio come noi. Ma devo ancora capire come combattere la malinconia che mi ha assalito al ritorno in macchina dopo quella frase che, so benissimo, voleva essere solo ed esclusivamente gentile. Un perfetto esempio di come ognuno interiorizza le parole a modo suo, di come la comunicazione verbale, per me, è e sarà sempre complessa e ambigua perché mai davvero lineare del tutto.
Io non lo so davvero quando ci si sente costruiti nella vita. Ognuno ha una sua idea a cui tendere e che vuole raggiungere. Mi piace pensare che, seppur ci siano dei passaggi obbligatori e delle tappe che ci accomunano tutti indistintamente, ognuno può trovare la propria personalissima “casa” in forme e luoghi totalmente inaspettati.
E forse la nostra malinconia è dovuta proprio a questo: pensare di doverci incastrare negli stessi puzzle degli altri, dimenticandoci che la vita non si incastra alla perfezione e che si va avanti anche se manca qualche pezzo.
#ItsFridayImNotInLove
💌 Modern Love
Dalla rubrica settimanale del New York Times “Modern Love” (da cui è tratta la serie disponibile su Amazon Prime)
Mi fa un effetto stranissimo leggere di Roma su un Modern Love di una scrittrice americana. Lei è Lavinia Spalding, che già scrisse qualche anno fa un altro Modern Love che trovi in questa mia vecchia newsletter del 2021. In questo, invece, racconta del suo viaggio in Italia appena ventenne con la sua migliore amica. Del timore di essere viaggiatrici donne da sole e di come ciò ti porta a diffidare di qualunque uomo provi ad avvicinarsi. Ma anche di come sia importante seguire il proprio istinto, come quello di trascorrere una serata con Fabrizio, che lavorava al Vaticano, alla scoperta della bellezza della Roma notturna.
“L'amore si materializza in una miriade di forme, offrendo varie lezioni, come imparare come e quando fidarsi. Trent'anni fa, questa lezione, una delle più preziose della mia vita, mi è stata impartita da uno sconosciuto a Roma che non ha fatto un passo falso.”
📌 Post-it del venerdì
Single, dating, coppie e relazioni. Gli articoli della settimana per districarsi nel precariato sentimentale
Cos’è la scintilla? Secondo gli esperti "a volte la scintilla è più un'indicazione di quanto qualcuno sia affascinante - o narcisista - e meno un segno di un legame condiviso". Spesso i rapporti duraturi hanno bisogno di tempo per crescere e non fermarci al primo appuntamento ci permette di non perdere l’opportunità di conoscere persone potenzialmente molto adatte a noi. Qui trovi anche otto domande da porti al termine di un appuntamento per capire se proseguire o meno.
Conosci la limerenza? Secondo qualcuno potrebbe essere uno dei nuovi trend del dating, ma di fatto questa non è affatto una buona notizia nel caso.
Invecchiare ci rende meno attraenti per il magico mondo del dating? Non nego di averlo pensato diverse volte eppure, in questo pezzo, l’autrice racconta l’esatto opposto. Invecchiare l’ha resa una seduttrice seriale. E ha scoperto di piacersi di più.
Se dovessi scegliere un solo trend da seguire sarebbe il bed rotting. E se non l’hai mai messo in pratica, io ne ho estremo bisogno in questo periodo, ecco credimi dovresti iniziare.
🎙️ Mixtape e altre storie
Consigli (non) richiesti per sembrare degli alternativi consumati
Ho iniziato da questa settimana a “sfogliare” il catalogo di Disney+ e, un po’ per caso, mi sono imbattuta in questa serie. Partiamo già dicendo che è prevista una seconda stagione di Tell me lies che stanno girando proprio ora ed è tratta dal romanzo omonimo (che io non conoscevo). In ogni caso, mai nella mia vita ho “incontrato” due protagonisti più tossici di questi e vale la pena vederla anche solo per questo motivo. Non sono riuscita a fare il tifo per loro ma allo stesso tempo ero sempre più attratta dalla dinamica di questa coppia totalmente disfunzionale. La prima stagione finisce con un cliffhanger interessante e, a questo punto, sono curiosa di vedere come proseguirà. Serie perfetta per potersi dire che a volte meglio soli che così male accompagnati.
Da quando è uscito non si parla musicalmente di molto altro. Mi riferisco all’ultimo album di Taylor Swift (che ammetto non aver mai ascoltato) The Tortured Poets Department che pare essere, come spiega questo articolo, una perfetta analisi del lungo strascico emotivo che alcune situationship parecchio caotiche ti lasciano addosso. In questo caso quella con Matty Healy dei 1975 (loro si che li ascolto parecchio) e del loro brevissimo flirt a fronte della lunga relazione di 6 anni con Joe Alwyn che, invece, pare abbia “lasciato” musicalmente di meno in quest’album.
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